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11 novembre 2023

La grappa alla ruta del rifugio Sveti Gaudent, sul monte Osorscica, nell'isola di Cherso/Cres

La digestiva grappa alla rutaE' una sorpresa ritrovarla qui, nell'unico rifugio alpino del Quarnaro: lo Sveti Gaudent sull'isola di Cres/Cherso.
Suona strano ma ci sta. E' una di quelle grappe digestive che si preparano per semplice infusione naturale, favorita dalla robusta azione dei raggi solari estivi.
Dormire allo Sveti Gaudent, sotto cima Televrin, è un'esperienza unica.
Figuriamoci poi con la grappa alla ruta. Il rifugio può fungere da posto
tappa durante la traversata del monte Osorscica da Osor a Nerezine.
La ruta è una piantina dalle proprietà digestive ben nota alle popolazioni dell'arco alpino. Non mi aspettavo di trovarla nel bel mezzo del Golfo del Quarnaro. Ma è pur vero che sul monte Osorscica di Cherso/Cres, c'è anche, incredibilmente, un rifugio alpino con tanto di letti a cuccetta.
In uno scatto del 2018. Il barile cerchiato di rosso è la riserva d'acqua.
👉Come fare per prepararla: basta aggiungere ad una bottiglia piena di grappa bianca (cioè neutra) un mazzetto di ramoscelli scelti fra quelli più teneri, che sono quelli spuntati e fioriti nell'ultima stagione. I rametti della piantina di ruta vanno lasciati nella bottiglia di grappa che va tappata e esposta al solleone di piena estate per quaranta giorni.
👉Tra i distillati, liquori e preparazioni alcoliche della tradizione dell'Istria e e Quarnaro segnalo la biska al vischio, il teranel al mirtillo, il brinjevec al ginepro.
Dal terrazzo dello Sveti Gaudent: vista verso l'Istria e l'isola di Cherso. Sullo sfondo il rilievo dell'Istria, con ben visibile il Monte Maggiore di Fiume. Sulla destra la costa dell'isola di Cherso/Cres con le baie di Martinscica e Ustrine e la piatta isola Levrera al centro.

14 febbraio 2022

La grappa alle nespole (si distillava di tutto)

E' praticamente caduta nel dimenticatoio, ma esiste ancora.
grappa di nespole
Un cesto di nespole mature e la grappa che se ne può ricavare. E' una delle infinite varianti della vasta famiglia delle grappe balcaniche, le famose rakije, proliferate attorno al loro nucleo portante, la grappa di prugne, leader indiscussa della numerosa tribù di bevitori danubiani.

15 ottobre 2021

Brinjevec, la preziosa grappa di ginepro del Carso

E' una grappa forte che non fa sconti ed é prodotta nelle regioni carsiche come Brkini, l'aspro spazio tra il fiume Timavo e il Carso.
grappa di ginepro
Veniva e forse viene ancora prodotta nel territorio attorno a Brkini, poco più ad Ovest di Trieste. Assieme alla Biska, ricavata dalle foglie di vischio, é uno degli alcolici istriani più radicati nella tradizione locale e tra i meno conosciuti.
La prima frazione della distillazione fornisce il rinomato olio di ginepro
(brinjevo olje). Sono necessari fino a 250 Kg di bacche per produrre un
litro di olio e 16 litri di Brinjevec.
Viene distillato da bacche di ginepro dopo averle macinate e fatte fermentate; differisce da bevande simili dove però le bacche di ginepro figurano solo come aggiunta aromatica ad una base alcolica diversa, dove cioé vengono impiegate come semplici aromatizzanti.
👉non viene consumato come un normale liquore, ma piuttosto per le sue virtù medicinali: è infatti un potente digestivo.

5 agosto 2021

La biska, quel liquore aromatizzato al vischio che si prepara su una base di grappa e zucchero

E' un liquore davvero strano, che si produce mettendo a macerare le foglie del vischio bianco nella grappa bianca.
La biska é un liquore strano, ricavato dal vischio. Strano come come altri che appartengono alla tradizione della penisola, come é il caso dello stranissimo liquore di vino  teranèl, una via di mezzo fra il vino e il mirtillo.
Sulla finestra di casa, in ottobre.
Questo originale liquore ha come base la grappa e lo sciroppo di zucchero nel quale vengono naturalmente diluiti l’aroma ed il colore delle foglie del vischio.
👉Le foglie vengono raccolte in primavera e autunno e vengono parzialmente pre-essiccate e poi messe a macerare nella grappa pura. Il processo di macerazione avviene a temperatura ambiente.
👉I cacciatori, invece, sfruttavano la vischiosità delle bacche come "adesivo" capace di catturare i piccoli volatili che si posassero sui ramoscelli preventivamente imbrattati con questa "colla".

Attenzione: le bianche bacche semi-trasparenti del Viscum Album sono tossiche, non possono essere utilizzate per la produzione di grappe ossia non possono essere nè distillate nè messe a macerare!



13 luglio 2020

Alle origini dello spritz triestino

A Trieste lo Spritz è a base di vino bianco e acqua frizzante (o di seltz) e a quanto pare è una reminiscenza austriaca.
La propaganda triestina sproponeva "spriz", italianizzazione di "Spritz".
Il termine "Spritz" deriva infatti dal verbo tedesco spritzen (spruzzare).
👉Sembra infatti gli austriaci giudicassero i vini locali troppo alcolici, e che fossero soliti diluirli con acqua frizzante.
👉Lo Spritz si affiancò al rebechìn, abitudine tipica dei portuali che potevano così staccare dal loro duro lavoro per rinfrancarsi. Il rebechìn era anche l’aperitivo serale con qualche stuzzichino.

18 maggio 2020

Piccola storia del Maraschino di Zara

A Zara le più antiche ed importanti distillerie di maraschino furono la Drioli (nel 1759), la Luxardo (nel 1821) e la Vlahov (nel 1861).
Per ricostruzioni più ampie della presenza del maraschino a Zara vedi il
sito webfoodculture.com e il post dedicato.
In origine il maraschino era il risultato della sola infusione, non essendo infatti prevista la distillazione.
Si trattava cioè di un "rosolio" preparato dalla Marchesa Canevari (grazie al quale si dice sia nata la ditta Luxardo).
Il processo industriale divenne ben presto molto più strutturato.
👉Il processo di produzione prevedeva diverse fasi: la fermentazione della polpa di marasca, la torchiatura per estrarne la frazione liquida, la infusione del liquido in alcool, la distillazione in alambicco di rame ed infine di affinazione aggiunto uno sciroppo di acqua e zucchero raffinato che, oltre ad addolcirne il sapore, ne abbassa la gradazione alcolica fino al risultato desiderato (30/32%). Il liquore era infine lasciato ad invecchiare per due anni in botti di frassino Finlandese.
maraschino
La bottiglia di maraschino prodotta oggi dalla ditta "Maraska" di Zara, che ha continuato la produzione dopo l'esodo della famglia Luxardo a Padova, in seguito alla nascita del Jugoslavija del Maresciallo Tito. Nel riquadro, invece, una bottiglia quadra della Drioli che aveva inaugurato l'era delle distillerie zaratine addirittura nel lontanissimo 1759.
"Nel 1946 eravamo sfollati al Lido di Venezia e lui [mio padre] si ricordò di un professore dell’università di Firenze, Alessandro Morettini, che aveva fatto degli studi sulle marasche dalmate (la materia prima della loro produzione, una sorta di ciliegia acida, ndr) ed era rientrato portando con sé alcune piantine. Lo convinse a studiare un luogo ideale dove far ripartire le colture. Ne individuò tre: la Carnia che però era troppo vicina al confine, la Val d’illasi, sopra Verona, e i Colli Euganei. L’ambiente più adatto era questo e così comprò qui tre ettari di terra." (Franco Luxardo su "Repubblica", 10 febbraio 2025)

19 agosto 2019

La Malvasia istriana, un controverso vino bianco

Pare che il Malvasia prodotto in Istria figurasse anche sulla tavola della corte austro-ungarica, anche se non tutti lo trovavano gradevole.
malvasia istriano
Oggi il Malvasia è diventato un bianco da pasto, ma solo cento anni fa
era un bianco dolce e complicato, talvolta sgradevole se bevuto puro.
Sarà stata colpa dei contadini, che si destreggiavano male fra il momento più adatto alla vendemmia, la fermentazione, le temperature?
👉Il vitigno venne coltivato a lungo, poichè Venezia aveva bisogno di un vino in grado di tenere il mare senza trasformarsi in aceto e il moscato di Monemvasia (era il nome locale della fortezza di Malvasia nelle acque greche) faceva al caso.
malvasia istriana
Nella penisola, oltre alla malvasia istriana e al moscato, si producevano
anche i vini rossi dei contadini: refosco, terano, merlot e cabernet.
Lo stesso ceppo è finito sulle isole Eolie dove continua a chiamarsi Malvasia di Lipari: oggi è un vino dolce ma non stucchevole, prezioso, raro.
👉In tempi recenti questa antico vitigno ricco di aromi è stato addomesticato e piegato verso un gusto più sobrio, secco e di certo molto più internazionale. Chissà: forse qualcosa dell'antico sapore di Monemvasia è rimasto invece nel moscato di Momiano, che sta tornando in auge.

14 giugno 2018

Teranel, quel liquore al mirtillo su base di vino...

Dolce ma anche asprigno, dai 14 ai 17 gradi, il Teranel (Teranin, Teranella) è un liquore da dessert. Si confezionava partendo dal vino Teràn (variante istriana del friulano Refosco). Il vitigno, piuttosto rustico, era diffuso nel contado  istriano pre-industriale.
liquore teranel
I mirtilli provenienti dai boschi del Gorski Kotar venivano immersi nel vino ottenuto dall'uva istriana Teran, addolcito con il miele. Il tutto dava a questo liquore un sapore molto piacevole, che risultava adatto ad essere servito come aperitivo oppure come vino da dessert. Le varianti, con relative ricette, sono molteplici.
liquore teranel
Tavolata dell'interno istriano, con il Teranel in mostra fra i liquori.
Dal corposo rosso vino Terrano l’uomo istriano ha imparato a produrre un certo liquore, il “Liquore de Teran”, che si faceva in casa aggiungendo al vino del succo del mirtillo nero, miele e un poco di zucchero.
👉Questo inconsueto "liquore di vino" va apprezzato soprattutto  a fine pasto, servito a temperatura ambiente al momento del dessert.

16 giugno 2017

Zlathina, il vino bianco autoctono dell'isola di Veglia

E' il vino bianco secco e aromatico che si ricavava da un antico vitigno autoctono sull'isola di Veglia (Krk in croato).
zlahtina
Oggi può essere considerato una specie di Prosecco del Quarnaro e della
Liburnia, diciamo... ma un Prosecco molto più tranquillo e meno gasato.
Qui in compagnia dell'agnello delle isole cotto lentamente sotto la peka.
Le vigne dello Žlahtina  o Zlahtna o anche Zlatna venivano coltivate soprattutto nel Nord di questa isola quarnerina, dove prevalgono le uve bianche.
Era un vino bianco tranquillo ma oggi lo si può trovare anche in versione "rivisitata": controluce compaiono delle piccole e rade bollicine, quasi un "prosecco" più asciutto.
Dove abbia termine la riscoperta della tradizione e dove abbia invece inizio l'affabulazione pubblicitaria non è chiaro...
zlahtina
Lo Žlahtina si radica nella tradizione dei grandi vini istriani (il nome significa "nobile"). Il suo vitigno veniva coltivato solo nei vigneti di Veglia/Krk, più precisamente in quelli attorno a Vrbnik. Vrbnik e Žlahtina sono praticamente diventati sinonimi. I suoi 11 gradi si accompagnano bene con il formaggio di pecora, oltre che con il pesce e le carni bianche.


28 maggio 2017

Rakija, come son chiamate le grappe nei Balcani...

Si pronuncia con l'accento sulla "i" ed è l'equivalente balcanico della nostra grappa. O meglio, della nostra "sgnapa", per dire di un distillato fatto in casa con quello che c'è a portata di mano, mettendoci sempre molta, molta inventiva. La Rakija è popolare, multiforme e a bassa tecnologia, ma sempre molto alcolica...
rakija slivovica
Nei Balcani si beve molto. Il 70% delle prugne raccolte in Serbia vanno a
finire nella produzione di sljivovica. E l'infuocata pripečenica, la rakija
distillata due volte, ha un tasso alcolico che può superare il 65%.
Si trovano con la grafìa rakia oppure rakija, in ogni caso sono dei superalcolici ricavati per distillazione o anche per fermentazione da una base di frutta, non necessariamente uva.
La rakija più gettonata è sicuramente la slivovica (che è a base di prugne). Seguono la kruskovac (a base di pere) e la raffinata travarica (con ben 23 erbe aggiunte alla base di slivovica).

rakija slivovica
Tutti distillano di tutto. Qui la nostra grappa contadina sarebbe chiamata komovica (da kom=vinacce), sarebbe solo una delle innumerevoli varianti, che possono essere a base di albicocche, pesche, amarene, fichi, more, cotogne, senza alcun limite che non sia quello della fantasia. In foto: la distillazione è una radicatissima usanza popolare che coinvolge tutti i membri della famiglia (come accade coi gozzovigli campestri che si consumano attorno allo spiedo).

14 marzo 2017

La Bakarska Vodica, lo spumante dolce di Buccari

La “Bakarska vodica” viene definita "vino spumante naturale" perchè (a differenza degli spumanti champagne, che erano vinificati secondo il
Bakarska Vodica
Gli stretti terrazzamenti di Buccari, tirati su dalla fatica di generazioni,
vivono una ritrovata giovinezza, dopo l'infausta parentesi della Jugosla-
vija di Tito, che mandò a remengo l'agricoltura della costa.
metodo francese), non prevede l'aggiunta di zucchero. In sostanza viene fatto come si faceva un tempo il vecchio spumante di Asti.
Sopra la baia di Buccari si ri-coltiva l'uva Belina, un vitigno autoctono da sempre coltivato sulle ripide sassaie che chiudono a settentrione la Baia di Bucari/Bakar.
Bakarska Vodica
Nel 2002 la cooperativa agricola "Dolčina" di Praputnjak ha deciso di ridare vita, dopo più di mezzo secolo di abbandono, alla Bakarska Vodica che "ai tempi" era riconosciuta dalla legge vinicola del 1929 e veniva consumata perfino presso la corte inglese.
Generazione dopo generazione i contadini hanno portato sulle spalle grandi ceste colme di terra e hanno costruito quei muri a secco a un metro l’uno dall'altro solo per piantarvi e coltivarvi la vigna Belina.

10 marzo 2017

Il Prosecco, quelle bollicine venete capacissime di litigare con il loro stesso nome (che acrobazia!)

Il termine "prosecco" non viene dal vitigno (che si chiama Glera) ma da una tecnica di lavorazione. E la Glera da cui si ricava lo spumante dei Colli Trevigiani non è una pianta autoctona e non arrivò qui prima del 1700. Ma allora da dove viene questo nome galeotto: "prosecco"?
prosecco glera
Il Decreto Ministeriale 21/07/2009 del ministro Zaia parifica il nome
vitigno Glera con quello dell'antico e ormai scomparso vitigno Prosec-
co. Il gioco di prestigio è fatto: questo  o quello per me pari son e per
la U.E.lo spumante trevigiano può farsi chiamare Prosecco.
Sul finire del XVI secolo Fynes Moryson, un lord inglese che amava viaggiare, scrive che “L’Histria è divisa tra il Forum Julii e l’Histria propriamente detta. Qui cresce il vino Pucinum, ora chiamato Prosecho, assai celebrato da Plinio“.
Passano due secoli e Cosimo Villifranchi (1773) cita un viti-gno chiamato "prosecco" che si coltivava nel Triestino, che probabilmente prendeva il no-me dal paese omonimo e che era forse identificabile con un 
prosecco glera
Nel Sedicesimo secolo l’umanista triestino Pietro Bonomo chiama
prosecco anche una ribolla prodotta fin dal basso medioevo nei de-
clivi sottostanti al ciglione carsico, a ridosso del mare. In seguito il
nome si sarebbe diffuso a designare un vino dolce, prodotto con uve
stagionate sulla pianta e raccolte a fine ottobre, prima nel goriziano
e tramite Venezia nel vicentino, nel trevigiano e in Dalmazia. In o-
gni caso si tratta di vino dolce quasi passito, non di uno spumante.
Un vino dolce come l'attuale Prosek croato, tanto per capirci.
vino prodotto dai romani chiamato Puxinum.
👉Ma del Puxinum nulla si sa di più preciso se non che questo rosso era stato molto apprezzato da Livia Drusilla, moglie di Augusto, e che Plinio ne localizzò la limitatissima area di produzione in un colle nei dintorni di Duino.
Secondo il Villifranchi quel vitigno (probabilmente una Ribolla) era ancora coltivato, però col nome di Prosecco, sul pendio del Monte di Contuel (Contovello), a due passi da Duino, quasi in esatta corrispondenza della località citata dall’autore latino.
prosecco glera
L'innocente borgo carsico di Prosecco (a sinistra la sua ruspante "Trat-
trattoria sociale) c'entra poco sia con lo spumante trevigiano che col passi-
to della Dalmazia ma è alcentro di un vero "giallo del nome.
«Il grande pubblico dovrebbe anche sapere che il prosecco antico era un
vino dolce, e paradossalmente quello dalmata è più simile a quello delle
origini. In Dalmazia, data la marginalità commerciale dell’area, il pro-
dotto non si è evoluto e ha mantenuto i caratteri originari, come una sorta
di fossile enologico. A Trieste e nel Veneto è invece mutato seguendo le
esigenze di mercato»
. (Fulvio Colombo, storico medievalista)
Il Villifranchi ignorava che già a fine Quattrocento il futuro vescovo di Trieste Pietro Bonomo, proprietario di ampi vigneti d'uva bianca vicino al Castello di Prosecco avesse effettuato un’autentica operazione di marketing ante-litteram, proclamando che fosse proprio il dolce e delicato Ribolla/Prosecco l’erede dello storico Pucino rosso dei romani. Tale asserzione fu incredibilmente condivisa da quasi tutti gli eruditi dell’epoca e il brand Prosecho o Prosecco iniziò la sua inarrestabile fortuna.
👉E siamo così arrivati ai nostri anni '90 segnati dal

8 giugno 2015

Il dannunziano sangue morlacco

Il maraschino é un distillato di ciliegie marasche ed ha nella città di Zara la sua origine. Gabriele d'Annunzio inventò più tardi il nome "Sangue Morlacco" che contribuì a diffondere la fama di una sua variante dall'intenso colore rosso, sempre a base di marasche.
maraschino di Zara Sangue Morlacco
"Zara non ha vita propria e l'industria è quasi
nulla. Il circolo produce vino, olio; avvi una
Società enologica per studiare il miglioramento
de' prodotti vinicoli, e il maraschino e il rosolio
di Zara sono celebri. Li fabbricano con una specie
di piccole cicliege, che abbonda nel territorio."

(Carlo Yriarte, "Dalmazia", 1874)
La ditta fondata dal genovese Girolamo Luxardo nel 1821 utilizzava le piccole amarene "marasca" che crescono abbondanti lungo la costa per produrre industrialmente il Maraschino, un distillato incolore di ciliegie amare. Ma D'Annunzio inventò il nome da dare ad una sua variante dal colore rosso cupo:
👉dalla spremitura delle amarene si otteneva un succo che iniziava a fermentare e che veniva poi addizionato con alcol per evitarne la fermentazione completa, succo che veniva messo a stagionare in botti di legno. Dopo sei mesi veniva aggiunto altro alcol, zucchero ed acqua e si otteneva il prodotto finito.
👉Il nome "Sangue Morlacco" fu inventato da da Gabriele D’Annunzio durante l'impresa di Fiume. L'"immaginifico" contava fra i suoi legionari anche il giovane Pietro Luxardo e figura come autore pubblicitario e testimonial di numerosi prodotti commerciali: liquori e amari, dolci, profumi, gallette, lubrificanti, medicinali, inchiostri, grandi magazzini, etc.).
👉Dopo la WW2 la famiglia Luxardo fuggì dalla neonata Jugoslavija del Maresciallo Tito e si trasferì a Torreglia, sui Colli Euganei, dove mise a dimora le pianticelle di marasche e continuò a produrre il "Sangue Morlacco". 


16 febbraio 2014

Abuja Pelinkovac

Fino a dieci anni fa a Gorizia la ditta dei fratelli Abuja produceva una sua versione del noto amaro balcanico...
La storia della famiglia Abuja e della loro particolare pelinkovac
viene ricostruita nel sito isonzo-soka.it in un documento PDF a-
rricchito da un'ampia documentazione iconografica.
Oggi la produzione viene portata avanti da altri, che hanno però mantenuto sia il prodotto che la bottiglia. E' una versione alleggerita a soli 20-21 gradi alcolici, molti meno del Pelinkovac originale. L’etichetta è cambiata di po-chissimo rispetto a quella originaria del 1899.
Nota: nella laguna di Grado cresce l'artemisia caeru-lescens, una varietà d'assenzio conosciuta come santònego e usata come digestivo e in passato anche come vermifugo.

14 maggio 2013

La vitovska, vitigno autoctono del Carso triestino

E' una vigna di antica origine, abbastanza rustica da prosperare nonostante la pietra, la bora e la siccità.
vitovska
L'acino è verde e di forma sferica con un caratteristico puntino scuro.
La polpa delle bacche è incolore ma ricca, succosa e di sapore neutro.
Germoglia abbastanza precocemente.
La Vitovska è un’uva bianca molto diffusa nella provincia di Trieste, le coltivazioni partono dai comuni di Duino Aurisina e di Sgonico e, scendendo lungo la vicina Slovenia, raggiungono la fascia costiera fino ad arrivare in Istria.
vitovska
La cantina di Benjamin Zidaric a Prepotto-Praprot si sviluppa sotto l'edificio
fino a 22 metri di profondità.
Dalle sue uve si produce un vino secco fresco dal profumo fine, fruttato e vinoso.
Ha un buon corpo ed è di un colore giallo paglierino. Il suo sapore è leggermente acidulo e sapido. molto apprezzato come aperitivo nelle Osmize, le tipiche “osterie agricole” del Carso.
👉A differenza di altre varietà di cui si conoscono con una certa precisione le antiche o recenti origini, della “Vitoska” si può dire solamente che si tratta di una varietà autoctona ed ha probabilmente origini molto antiche.
Non ne esiste traccia in altre regioni del Mediterraneo e la sua storia è andata perduta nelle pieghe dei secoli durante i quali la tradizione locale veniva trasmessa solo oralmente.
Vite antica, rustica, capace di sopportare, frustata dalla bora, il freddo inverno ma anche la siccitosa estate carsolina.
La Vitovska cresce sui terrazzamenti, quelle che chiamano "pàstini", strette terrazze abbarbicate alla roccia e protette da muretti a secco. Coltivarla è faticoso, si lotta ogni giorno contro la bora e la salsedine.
vitovska
L'origine del nome è incerta, ma molto probabilmente slovena, forse deriva dalla località di Vitolje dove era chiamata anche Vitovska Garganija, oppure dal monte Vitovska.

14 luglio 2012

La raffinata travarica, grappa aromatica alle erbe

Appartiene alla grande famiglia delle rakija, le grappe balcaniche, ma è così caratterizzata da essersi conquistata un nome a parte.
travarica
Oggi questo superalcolico è commercia-
lizzato con una gradazione di 38-40 gradi.
La travarica migliore è un distillato di vinacce (quindi una grappa) o di vino (quindi un brandy) aromatizzato con un mix di erbe.
Il suo nome deriva dalla parola trava, che significa “erba”: menta, lavanda, melissa, salvia, anice e rosmarino quelle principali.
👉Le erbe delle travarica vanno sempre preventivamente fatte macerare, perchè solo così si possono sfruttare al meglio gli aromi e  le fragranze che richiamano atmosfere mediterranee.
Tanto la šljivovica è rustica, aspra e forte, tanto la travarica è raffinata, delicata e aromatica. Non è così diffusa e conosciuta come la grappa di prugne šljivovica e l'amaro d'erbe pelinkovac, che godono di maggiore notorietà.
👉La travarica che vediamo qui a fianco, prodotta dalla Vinoplod di Sibenik, è ottenuta dalla distillazione di un macerato in un mix di vino e komovica (una robusta rakija fatta in casa fatta di vinacce, di solito contenenti più del 50% di alcol in volume).

14 giugno 2012

L'aspra sljivovica, grappa di prugne

Chi  è stato nei territori della ex-jugoslavija ha assaggiato almeno una volta questa penetrante grappa di prugne dall'incerta grafia: šljivovica, ma anche šljivovica o ancora, a nord, slivowitz.
slivovica
La tipica bottiglia della popolare ditta "Badel".
Appartiene alla grande famiglia della rakija, il termine balcanico che indica, genericamente, la grappa.
La šljivovica viene ricavate dalla prugna, ma esistono anche numerose varianti a base di albicocca, pera, mela, cotogno, fico.
Tra le popolari, la più classica nota e diffusa è senz'altro quella prodotta dalla storica Badel di Zagabria, che definirei "dura e pura" cioè fatta come un tempo e senza andare troppo per il sottile.
L'aroma penetrante e persistente è molto forte: diciamo che il bevitore di slivovica si fa sentire anche a distanza.
Aggiungerei che va assunta "con circospezione", cioè a piccole dosi. E' più tosta della nostra grappa "fatta in casa". Non per stomaci delicati o palati troppo fini. Per non apparire prevenuto aggiungo: apprezzata dagli intenditori (come per gli amari accade con il famoso pelinkovac).

2 febbraio 2012

I vini rossi dell'Istria contadina

Nel periodo post-jugoslavo l'Istria ha conosciuto una forte espansione della produzione vitivinicola, anche di qualità.
Grappolo di Terrano sulla vigna.
La nuova generazione di produttori
sembra molto attenta al marketing.
I vecchi vini autoctoni istriani facevano parte del ceppo Refosco-Terrano.
👉Fino a un centinaio d'anni il Terrano (Teràn) fa era il vitigno più diffuso in Istria. Dà un vino dal carattere forte e fermo. Era il vino dei contadini istriani, dal gusto aspro e deciso, adatto alla carne e alla selvaggina.
👉Partendo dal vino Teràn si confezionava un casalingo liquore da dessert, il Teranèl, un "liquore di vino" che prevedeva la presenza di miele e succo di mirillo. 

26 settembre 2011

Pelinkovac, l'amaro balcanico

Si pronuncia pelìnkovàz ed è un robusto amaro a base di erbe, tra cui l'artemisia (l'assenzio, che contiene molecole di tujone, contenuto anche nella salvia e nella marijuana) che da il nome al liquore.
La Pelinkovac prodotta dalla "Maraska" di Zara. Il nome fa diretto riferimento all'assenzio, che in serbo-croato si dice pelìn. La legislazione attuale impone una gradazione alcolica variabile dal 28 al 35%.
Il gatto di casa fa la guardia alla Pelinkovac (che è in buona compagnia).
Il nome della pianta in serbo-croato è infatti pelin.  E' popolare in Serbia, Croazia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina, come pure in Slovenia, dove è conosciuto come Pelinkovec o Pelinovec.
👉La ricetta base prevede la macerazione dell’intera pianta dell’artemisia (foglie, semi e radici) in alcool di vino a 85° e la sua successiva distillazione.
👉Si passa poi a una nuova infusione con altri aromi, in
Al centro la nuova bottiglia entrata in servizio durante il Covid.
particolare semi di finocchio, anice, coriandolo, secondo ricette proprie di ogni fabbrica che ne determina anche la tonalità cromatica (dal giallognolo scuro al verdastro). Quindi, nuova distillazione fino a ottenere la gradazione desiderata, tradizionalmente superiore ai 45 gradi. Ha un sapore molto amaro, che ricorda quello dello Jägermeister.
pelinkovac
Le marche più note sono Gorki List, Maraska e Badel. Pelinkovac Badel ha un gusto vicino a quello dello Jägermeister, più dolce e meno amaro, mentre Gorki List è più spesso e ha gusto più amaro. Maraska è la più diffusa in Croazia e viene prodotta a Zara, nell'ex-stabilimento della Luxardo.

10 agosto 2011

Il Sangue Morlacco della Luxardo

La Luxardo S.p.A. continua a produrlo anche oggi nel suo stabilimento di Torreglia (Padova), dove si è trasferita nel 1947 per sfuggire alla Jugoslavija di Tito.
E' il celebre maraschino di Zara, che venne così ribattezzato così da Gabriele
D'Annunzio
durante i mesi della sua avventura fiumana ed é di colore rosso.
Viene ottenuto dal succo fermentato delle marasche che poi viene invecchiato per due anni in tini di rovere.
Per gli estimatori, il retrogusto lungo dovuto alle marasche zaratine, lo renderebbe unico in abbinamento con il cioccolato fondente.
Oggi le marasche provengono dalle 20.000 piante di che la Luxardo coltiva ad hoc a Torreglia, presso Padova e la bottiglia è rotonda con capsula nera; sull'etichetta frontale è riprodotto l’autografo di D’Annunzio relativo al "battesimo" del Sangue Morlacco (a causa del suo colore rosso cupo, come il  sangue dei Morlacchi, popolazione balcanica dell'entroterra dalmata): "Ecco la malinconia di Zara, chiusa in una bottiglia di Maraschino ed il liquor cupo che alla mensa di Fiume chiamavo Sangue Morlacco"