Visualizzazione post con etichetta etnie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta etnie. Mostra tutti i post

20 gennaio 2025

Una carta etnica della penisola istriana del 1910

Questa semplice "Carta linguistica della Venezia Giulia" fu pubblicata dall'editore romano Salomone intorno al 1910, quando la regione faceva parte dell'Austria-Ungheria. E riporta anche i Cici.
In giallo la presenza croata nei dintorni di Fiume. Con l'abbreviazione "Rum." la carta riporta anche le aree abitate dai Cici, la minoranza etnica istro-rumena dell'Istria interna,  le colora in rosa, lo stesso colore di chi in casa parlava l'italiano come lingua madre.

Immagine tratta dal Dal gruppo FB "Istriadalmaziacards/Car-
toline di Istria, Fiume, Quarnaro e Dalmazia".
Le percentuali dei residenti che parlavano una delle tre principali lingue-madri (italiano, croato e sloveno) cambiavano ad ogni rilevazione dei censimenti. E poi ci si metteva anche il cartografo.
👉In ogni caso, ecco una mappa stampata intorno al 1910 dall'editore Salomone di Roma: la regione è ancora sotto la sovranità dell'impero Austroungarico. Una particolarità: riporta anche la presenza delle piccole colonie istrorumene dell'Istria interna, oggi praticamente estinte. Ai tempi della sovranità italiana fu aperta una scuola rumena a Susgnevizza (chiamata anche Valdarsa, in croato Šušnjevica, in rumeno Şuşnieviţa), il centro abitato principale dei Cici istrorumeni.

5 marzo 2022

L'identità profonda degli italiani di Fiume

Al di là dei luoghi comuni su Fiume "italiana da sempre", come si percepivano gli abitanti della downtown quarnerina?
Nel periodo critico fra Otto e Novecento il nazionalismo annichilì le tante e diverse identità locali che nei secoli precedenti avevano convissuto senza troppi problemi. I nazionalisti, gran tifosi delle Foibe, soffiavano sul fuoco...
Il territorio del Corpus Separatum ungherese, che coincide col massimo
rigoglio socio-economico
di "Fiume italiana": oltre all'area delle costru-
zioni in rosso l'italianità dei quartieri fiumani interessava la zona indu-
striale di Cantrida
, col suo "porto dei petroli" e il cantiere. Ma tutto il
contado dell'entroterra era slavo: non c'entrava con l'economia portuale.
Un grande personaggio della italianità fiumana del Novecento, Giulio Scala, scrisse nel 2010: "Ai Giovani fiumani: Non steve dimentigar dele vostre origini: semo bastardi missiadi coi austriachi, ungaresi, taliani, croati e altre tribù dei dintorni, ma la nostra favela xe italiana e magari quando che sarè Veci portè i vostri fioi a darghe una ociada a quel canton del Quarnero, là in fondo fra Lovrana, Abbazia, Volosca, Preluca, fino in Mlaca, Sabiza e fin la fonte purissima dela nostra aqua in Scojeto".

30 luglio 2017

La lingua franca degli italiani di Fiume

Il dialetto fiumano è fortemente ibridizzato con parole slave, una commistione profonda riportata alla luce da questa preziosa testimonianza di Rudi Decleva, autore di un'interessante "Piccola storia di Fiume 1847-1947".
Nota indispensabile: "gomila" in croato significa "mucio" (in fiumano/veneto) ossia "mucchio" in italiano. Notare anche che il termine "Gomila" viene impiegata dall'autore per designare la parte del centro storico del capoluogo fiumano che più gli si è impressa nella memoria di ragazzino nato e cresciuto in questa città di porto che prima di D'Annunzio era cosmopolita e poi divenne fanatica e fascista.

"Così se parlava una volta in Gomila" (dai ricordi di Rudi Decleva).
granseola scarpena scorfano
«Per le seppie e i calamari si usava la “pus’cia”, mentre la sogliola si
chiamava“svoja”, e la “racovizza” era il granchio, che individuava an-
che i “muli” del Nautico con il loro berretto da comandante.» (in foto:
granseola, scarpena e polenta)
slivovica
«Il pane si comprava da Chiopris o più in generale dal “pek”, mentre la
“rakia più prava” di tutte (la grappa) veniva dall’Istria, meglio se era
slivoviza” (di prugne). La si beveva a “sluk” e non saprei dire le questa
parola era di etimo croato o tedesco.» (in foto la slivovica, grappa di pru-
gne, che rimane la rakija più consosciuta)
"Premetto che non ho mai fatto uso dei vari Dizionari fiumani, considerandomi un autodidatta per nascita, e siccome recentemente sono emerse osservazioni sul Forum Fiume di parole croate mancanti in alcune citazioni, apro questa trattazione con miei ricordi delle parole dialettali fiumane che mi vengono in questo momento in mente – che segnerò tra virgolette - relative alla “Gomila” vera e propria, dove ho abitato fino ai 18 anni, che – come scrive Giacomo Scotti nel suo recente Libro “Fiume – Cent’anni e più secoli alle spalle” – era così chiamata in antico perché deposito di immondizie ed era delimitata dall’Arco Romano alla Via Roma, che noi chiamavamo “ster”, e finiva con la “Gomiliza”, un’altra piccola area rappresentata principalmente dalla Calle dello Staio Romano (che aveva alle spalle la Via XXX Ottobre), dove i tedeschi avevano costruito una vasca
palenta
«Per mescolare la polenta le donne usavano il “palentar” di legno (un
mestolo di forma rettangolare), e la polenta con patate era la “compi-
rizza”, ma esse dovevano stare molto attente a togliere le “grudize”
(grumi), sennò i mariti brontolavano, mentre per mescolare le altre
pietanze e la “kassiza” si usava la “kuhariza” (il mestolo ovale) e per
assaggiare il sale nelle pietanze, il “paich” detto anche “caziol”.»
contenente acqua da servire per eventuali incendi. Qui abitava il compianto e famoso Mici Marrè, saltato in aria col vagone in Zabiza.
Noi bambini vi giocavamo alle “s’cinke” (biglie) e usavamo moltissimo delle frasi che non saprei definire se erano croate o di altre origini: “anzakuli s’cietaz” e “passabote”. Una persona che era un poco di buono, era un “g-gnuss” (con la g gutturale) o un “drek”, mentre uno che non aveva voglia di lavorare era un “niscoristi”;
klobasa ajvar motovilica valeriana
«Le “loganighe” si chiamavano anche “clobassizze” e quelle “kranjske
(cragnoline) erano le migliori. La legna si comprava a ”buturize” dal car-
bonaio; le “blitve” (blede) e la “motoviliza” (valeriana) in Piazza delle Er-
be. “Lo “scoropich” lo portavano le “mlecarize”.» (in foto una klobasa slo-
vena alla griglia con ajvar e cipolla)
se era un po’ tonto gli si diceva “trubilo” e se gli mancava qualche dente era “scherbalo”. Se invece vestiva strambo gli si diceva che era un “zazanich” - secondo il detto “male braghesse, vela vrit” - e ai bodoli, facilmente riconoscibili, gli si faceva il verso “Bodolo flich: braghesse te pindulaju” (ti pendono le braghe) o “capot te gorì” (ti brucia il cappotto).
Una donna di facili costumi poteva anche essere chiamata “crava”. Al muletto, che cominciava darsi arie da grande perché al cinema - 
pescheria di fiume
«La prima barzelletta che ci raccontavamo da bambini: un italiano e un
croato si incontrano e si salutano dicendo buongiorno nella propria lin-
gua. Sia l’uno che l’altro chiedono il significato della parola pronunciat-
a dall’altro: “Cosa vuol dire?” - “Cia ce rec’?” rispondeva l’altro e la ti-
ritera andava all’infinito.» (nella foto la pescaria di Fiume, un luogo dove
lingue e dialetti si mescolavano inestricabilmente)
quando il protagonista baciava la ignorina anche lui gridava “napol”, intendendo dire metà per lui - lo si ridimensionava chiamandolo “pisdrul” oppure “sgnesuliza”. Se era un piangiotto per ogni nonnulla, gli si diceva “pisdina”.
Quando attendevamo in ster che passasse il carro della ditta Marincovich, per succhiare in corsa le bottiglie di selz, il “cucer” Matteo ci faceva desistere schioccando la sua “scuria” (frusta) e quando facevamo mancanze ancora più grosse i papà ci davano col

27 febbraio 2015

Una carta etnica dell’Impero Austro-Ungarico

Qui in Italia si è portati a pensare che l'Istria e la Dalmazia siano state "italiane da sempre". Ma non è proprio così.
Künstenland
La Künstenland austroungarica in un atlante inglese del 1911. In giallo i
territori a maggioranza italiana.
Quando i Balcani si affacciavano alla civiltà industriale gli italiani erano la maggioranza nell'Istria occidentale (che rimane tuttora la parte a maggiore densità italiana della piccola penisola) nonchè in una piccola striscia che va Gorizia a Monfalcone e il territorio cittadino di Trieste.
Tutto il resto era a maggioranza slava, compreso il territorio di Fiume (nei calcoli di parte italiana veniva implicitamente escluso il sobborgo di Susak, che era slavo).
In questo atlante inglese del 1911 Venezia e Trento appaiono col loro nome anglicizzato (Venice e Trent) mentre le grandi città della Künstenland austroungarica appaiono col loro nome in lingua corrente: Trieste, Fiume, Pola, Zara, Spalato, Ragusa e Cattaro. Su Fiume va detto che sotto il Regno d'Ungheria il nome ungherese era appunto Fiume. Rijeka arrivò più tardi, col passaggio alla Jugoslavjia.

18 giugno 2012

Il contrasto città-campagna lungo la costa illirica

I soldi sulla costa e la povertà all'interno. 
Gli italiani nelle città del litorale e i contadini slavi nelle campagne dell'interno. Una divisione di classe semplice e chiara a tutti, mentre il dominio italiano seminava il vento dell'odio antislavo.

« ...da lungo tempo conservasi in Dalmazia l'uso universalmente esteso di due lingue affatto dissomiglianti: l'italiana ch'è la lingua delle città, del magistrato, del pulpito e d'ogni società colta; e l'illirica che tutti conoscono per la tradizione delle campestri faccende e per ogni altro affare col popolo della campagna.»

17 maggio 2012

Due cose sui pirati Uscocchi

Nel Cinquecento gli Uscocchi erano il terrore dell'Adriatico, il "golfo veneziano" conteso fra l'Impero Ottomano, la Repubblica di Venezia e l'Impero Asburgico. Giocavano per gli Asburgo.
L'aspetto attuale del castello uscocco di Senj che venne costruito sul mon-
te Trbušnjak, nel 1558 con l'appoggio del Re d'Ungheria. Nel castello di
di Nehaj si stabilì il quartier generale uscocco.
Avevano la loro base a Segna, l'attuale Senj.
👉Di certo si sa che erano popolazioni cristiane provenienti dalla Bosnia, che nella loro fuga dalla avanzata turca si erano dapprima stabilite lungo la costa a Clissa-Klis (nei pressi di Spalato).
Pirata uscocco.
👉All'inizio combattevano la Mezzaluna ma poi si trasformarono in razziatori del mare a danno di Venezia e di Ragusa-Dubrovnik, tanto da spingere infine la Serenissima ad una guerra contro di loro che durò due anni dal 1615 al 1617.
👉In quel periodo i pirati erano appoggiati dall'Austria in funzione antiveneziana. Il confronto Venezia-Austria si concluse con la vittoria veneziana: l'Austria dovette bruciare le navi uscocche e deportare gli Uscocchi in Carinzia.

Il nome: 
sembrerebbe derivare dal serbocroato uskok, "fuggiasco" che ha poi assunto negli anni altri significati: "profughi", "migranti", "predatori", "assalitori", "disertori", "ribelli", "guerrieri", "pirati". Secondo lo storico Stevka Šmitran ("Gli uscocchi - Pirati, ribelli, guerrieri tra gli imperi ottomano e asburgico e la Repubblica di Venezia") «resta un mistero il loro stesso nome, che persino vocabolari ed enciclopedie descrivono in maniera discordante e imprecisa. L'epoca degli Uscocchi, che in origine svolgevano un'utile funzione militare come primo baluardo cristiano contro l'avanzata turca, è durata circa ottant'anni: da cento - quanti erano inizialmente nel 1537, quando la roccaforte di Klis venne conquistata dai turchi - diventarono duemila alla fine della loro storia, conclusasi con la "guerra di Gradisca" o "guerra degli uscocchi" nel 1617. I cronisti pagati dai tre stati che si spartivano l'Adriatico li descrivono, a seconda delle necessità e degli obblighi verso i committenti, a volte come profughi spinti dall'avidità per il danaro e la vendetta, altre come combattenti per la giustizia e la libertà».

Il sostegno austriaco: Quando nel 1537 i Turchi presero Clissa, gli uscocchi si insediarono su invito dell'Austria a Segna, da dove su incitazione degli stessi austriaci insidiarono con la loro guerra corsara le rotte marittime della Repubblica di Venezia nonché quelle dei turchi in una guerra senza quartiere che durò 80 anni.
Il provveditore della Dalmazia Tiepolo organizzò una spedizione contro di loro nel 1592, ma gli Uscocchi (che erano solo 2000 ma bellicosissimi) opposero una tenace resistenza. Furono anche il pretesto per lo scoppio della Guerra di Gradisca tra Venezia e l'Austria (1616-1617), finché, con la vittoria veneziana, furono definitivamente annientati. Per effetto della pace di Madrid (1617) le famiglie superstiti vennero trasferite all'interno (vicino a Karlovac e nei cosiddetti Monti degli Uscocchi o Gorjanci) e le loro navi bruciate. Il loro insediamento sulla costa del Quarnaro avviene a metà Quattrocento. Il nucleo originario era composto da cristiani ortodossi provenienti dalle zone interne della Dalmazia, Bosnia e Croazia e la loro avanzata verso la costa è da mettere in relazione con la decisione degli Asburgo di consolidare le loro piazzeforti costiere per contenere l'avanzata ottomana nei Balcani. Dopo il 1526 (sconfitta del re d'Ungheria ad opera degli Ottomani a Mohacs) l'insediamento ebbe un forte incremento. Gli Uscocchi esercitavano in vari modi e gradi di autonomia la guerra di corsa contro il Turco in nome degli Asburgo. Vennero in rotta con gli interessi veneziani e la "soluzione finale" del problema uscocco fu tra le condizioni della Pace di Madrid siglata tra i veneziani e gli arciducali al termine della Guerra del Friuli.
Furono alla fine cacciati dagli austriaci, che li confinarono in una città-guarnigione.

Nel forum del sito www.atrieste.eu c'è un interessante post che riporto:
«Come disevimo, fondalmentalmente gli Uscocchi jera gente scampada da Bosnia ed Erzegovina a causa dell'avanzata turca e se gaveva stabilido nella zona de Segna (oggi Senj), Buccari (Bakar) e Fiume (Rijeka). In realtà nel corso del XVI secolo se ga aggregado anche pugliesi, dalmati e serbi. La loro linga vigniva definida "Valacca" dal Valvasor.
I viveva sul mar, organizzadi in čete comandade da un Vojvoda. Gente de corporatura imponente, xe entradi nell'immaginario comune come pirati capaci de scempi atroci sugli avversari (più de una leggenda 'conta de cene a base del sangue nemico), ma incapaci de vignir meno ad una promessa fatta. Le loro azioni gaveva sempre dell'incredibile, perché i se moveva volentieri col mar in burrasca: le imbarcazioni (le Ormanice) jera pitturade de rosso e nero, l'abbigliamento sgargiante. L'equipaggiamento essenziale jera costituido da un cortel, un'accetta ed una coverta.
Se trattava de Cristiani, perlopiù ortodossi, anche se non mancava i cattolici. Logicamente però, di fronte all'avanzata dell'Islam, la differenza tra cattolici ed ortodossi vigniva meno di fronte al nemico comune: in effetti prorpio in termini de "baluardo cristian" i vigniva ben visti sia dall'Austria che dalla Serenissima. L'Istria settentrionale a quel tempo jera sotto el governo austriaco, mentre la parte meridionale jera controllada da Venezia.
El problema stava che nei periodi de pase tra Venezia ed i turchi, i nostri non se fazeva nissun problema a sacchegiar le navi venete. Molto redditizia l'attività de vendita in Italia dei prigionieri che gli Uscocchi cedeva come schiavi. L'Austria, dal canto suo, spesso se dichiarava contraria alle incursioni in Adriatico, ma ghe fazeva comodo le azioni de disturbo allo strapotere de Venezia, che ad un certo punto se vedi costretta a nominar un "Provveditor contra Uscocchi" per vignir a capo della situazion. Sarà la determinazion dei veneti a costringer l'Austria a nominar anch'essa un commisario per Senj, Josip Rabatta, che con polso fermo fa 'mazar diversi uscocchi. El paradosso stava nel fatto che in realtà la nomina gavessi dovudo esser più "de facciata", per tignir boni i veneti, ma inveze questo gaveva ciapado sai seriamente el suo compito, che el perseguiva senza l'appoggio reale de Vienna. El finirà decapitado dopo un insurrezion uscocca.
El riferimeno alla nostra "baia degli uscocchi" poderia esser per l'incursion a Monfalcon del 1615, subito prima della "Guerra di Gradisca"
L'accordo tra Venezia ed Austria passerà per Parigi, Madrid, con un incontro a Veglia (oggi Krk) per discuter della question uscocca. Con tale accordo se stabiliva de spostarli via dalla costa, con el divieto de frequentarla, mentre le loro barche vigniva brusade. Alcuni trovava rifugio nel regno de Napoli. finiva cussì un' epoca».

9 gennaio 2012

La Cicaria istriana

La Cicaria-Ciceria-Čičarija  è una piccola regione montuosa dell'Istria.
Cartina dal sito www.summitpost.org.
I monti della Cicaria sono di bianca pietra calcarea (da qui il soprannome "Bela Istra" cioè "Istria bianca").
La catena della Cicaria costituisce un cornicione calcareo che guarda a settentrione.
Rispetto al resto dell'Istria è collocato più in alto e il suo clima è più freddo.
La Cicaria è scarsamente popolata ed è divisa in piccole comunità sia slovene che croate.
👉La natura qui è stata estremamente ben conservata. La cima più alta è il Veliki Planik (1.272 metri - Alpe Grande in italiano).
I maggiori insediamenti sono Vodice e Lanišće , e alcuni dei più piccoli sono il Mali e Veli Brgud, e Mune Vele, Jelovice, Dane , Raspo, Brgudac.
👉Nella lingua delle locali piccole isole linguistiche istro-rumene dei Cicibiri la Cicaria viene chiamata Ćićima.

24 settembre 2011

La Morlacchia istriana

Gli studiosi indicano come "Morlacchia Istriana" le zone d'insediamento di coloni morlacchi in Istria
L'areale dei morlacchi istriani (tratto da E. Ivetic,
"L’Istria Moderna, Un’introduzione ai secoli XVI
 –XVIII", Trieste-Rovigno, Collana degli Atti del
CRSR, 1999, pag.134).
(la Morlacchia propriamente detta è invece è una vasta regione della Croazia occidentale oggi nota come Lika-Senj, colonizzata da popolazioni di ceppo slavo in fuga dai turchi che qui si insediarono nel XIV° secolo.
👉Si tratta di insediamenti voluti dai governanti che, in più riprese, si posero il problema del ripopolamento di vaste aree devastate da ricorrenti guerre, incursioni ed epidemie di peste.

«Le frequenti pesti e mortali epidemie susseguentisi nei secoli 1500 e 1600 produssero la necessità di molteplici trasporti di nuovi abitanti tolti da vari paesi, per rimettere a coltura le ampie contrade per spopolamento rimaste incolte. Il governo veneto li sottoponeva tutti, a titolo di privilegio, alla giurisdizione del capitano di Raspo; ma più tardi, riuscendo incomodo ai medesimi di recarsi per tutte le controversie civili a [357] Pinguente, ed onde poter

21 settembre 2011

I Morlacchi questi sconosciuti...

Citazione da Alberto Fortis, "Viaggio in Dalmazia", Alvise Milocco, Venezia, 1774.
Morlacchi
La Morlacchia in una antica mappa riportata da Wikipedia. Oggi corri-
sponde alla regione amministrativa croata della Lika  (Ličko-senjska).
Un'insediamento morlacco è presente anche nell'Istria, dove è conosciu-
to come "Morlacchia Istriana".
"Sieno della communione Romana. o della Greca, que' popoli hanno stranissime idee in proposito di religione; e l'ignoranza di coloro che dovrebbero illuminarli, a che divenghino ogni giorno più mostruosamente complicate. I Morlacchi credono alle streghe, ai folletti, agli incantesimi, alle apparizioni notturne, a' sortilegi così pervicacemente, come se ne avessero veduto l'effetto in pratica le mille volte.
Credono anche verissima l'esistenza de' Vampiri; e loro attribuiscono, come in Trensilvania, il succhiamento del sangue de' fanciulli. Allor che muore un uomo sospetto di poter divenire Vampiro, o Vukodlak, com'essi dicono, usano di tagliargli i garetti, e pungerlo tutto con le spille, pretendendo che dopo queste due operazioni egli non possa più andar girando. [...] Le donne Morlacche sono, com'è ben naturale, cento volte più paurose e visionarie de' maschi, e alcune di esse a forza di sentirselo dire si credono veramente streghe."