Localmente le madri parlavano della foiba per spaventare i bambini, in una versione paesana dell'uomo nero. Era faccenda italiana, cultura italica, urbana e costiera che i contadini slavi dell'entroterra, dove doline e foibe c'erano davvero, sostanzialmente ignoravano.
In un libro di testo in uso nelle scuole della regione durante il ventennio fascista questa poesiola era presentata dagli autori come "molto educativa":
"Con approvazione definitiva della commissio- ne ministeriale pei libri di testo - giugno 1925. Riprende la poesiola già pubblicata dal ministro Cobolli-Gigli nel 1919, ai tempi di Fiume. |
Mia mama m’ha insegnà,
Per mi xe la più bella
Che al mondo ghe xe sta.
E per difender questa
E sovenir la Lega [1]
Convien che ognun s’appresta
A fare el suo dover.
O mia cara patria
Mio dolce Pisin ,
Mio nono cantava
Co iero picin.
Me par de vederlo
Là in fondo al castel
Che sempre ‘l dixeva
A questo ed a quel:
Fioi mii, chi che ofende
Pisin, la pagherà:
In fondo alla Foiba
Finir el dovarà.
Il testo della poesia destinata ai bambini delle elementari "In fondo alla foiba" è tratto dal libro “La Venezia Giulia: Trieste e Istria” Paravia, Torino, 1925.
👉In questo testo, “approvato” per l’uso nelle scuole, si insegnava che il “dovere” di difendere la “favella di Dante” si concretizzava nel far finire in fondo alla “Foiba” (cioè l’orrido che si spalanca a fianco del castello di Pisino, ossia il canyon con l'inghiottitoio della foiba lungo 500 e profondo circa 100 metri più ovviamente la parte sotterranea lunga 270 metri) tutti coloro che “offendevano” Pisino con parole non italiane: in pratica un invito al massacro delle popolazioni non italiane dell’Istria.
[1] La Lega di cui la poesia fa menzione è la "Lega Nazionale".
👉Vedi altri documenti nel sito diecifebbraio.
Nessun commento:
Posta un commento