5 febbraio 2019

La "Canzone del Carnaro" di Gabriele D'Annunzio

MAS 96
Il MAS 96, uno dei tre MAS che la notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918 pene-
trarono nella Baia di Buccari, sotto il naso delle sentinelle austriache. Qui
è ripreso sul Lago di Garda,  subito dopo il trasferimento al Vittoriale de-
gli Italiani, dove tuttora si trova.
La "canzone" è stata composta per celebrare la "beffa di Buccari", ossia la spericolata incursione guidata da Luigi Rizzo, che riuscì a infiltrasi nella munita base navale austriaca.
Della temeraria spedizione, complessivamente trenta uomini imbarcati su tre MAS, facevano parte anche Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano.

Gabriele D'Annunzio
Siamo trenta d'una sorte,
e trentuno con la morte.
EIA, l'ultima!
Alalà!

Siamo trenta su tre gusci,
su tre tavole di ponte:
secco fegato, cuor duro,
cuoia dure, dura fronte,
mani macchine armi pronte,
e la morte a paro a paro.
EIA, carne del Carnaro!
Alalà!

Con un'ostia tricolore
ognun s'è comunicato.
Come piaga incrudelita
coce il rosso nel costato,
ed il verde disperato
rinforzisce il fiele amaro.
EIA, sale del Quarnaro!
Alalà!

Tutti tornano, o nessuno.
Se non torna uno dei trenta
torna quella del trentuno,

quella che non ci spaventa,
con in pugno la sementa
da gittar nel solco avaro.
EIA, fondo del Carnaro!
Alalà!

Quella torna, con in pugno
il buon seme della schiatta,
la fedel seminatrice,
dov'è merce la disfatta,
dove un Zanche la baratta
e la dà per un denaro.
EIA, pianto del Carnaro!
Alalà!

Il profumo dell'Italia
è tra Unie e Promontore.
Da Lussin, da Val d'Augusto
vien l'odore di Roma al cuore.
Improvviso nasce un fiore
su dal bronzo e nell'acciaro.
EIA, patria del Carnaro!
Alalà!

Ecco l'isole di sasso
che l'ulivo fa d'argento.
Ecco l'irte groppe, gli ossi
delle schiene, sottovento.
Dolce è ogni albero stento,
ogni sasso arido è caro.
EIA, patria del Carnaro!
Alalà!

Il lentisco il lauro il mirto
fanno incenso alla Levrera.
Monta su per i valloni
la fumea di primavera,
copre tutta la costiera,
senza luna e senza faro.
EIA, patria del Carrnaro!
Alalà!

Dentro i covi degli Uscocchi
sta la bora e ci dà posa.
Abbiam Cherso per mezzana,
abbiam Veglia per isposa,
e la parentela ossosa
tutta a nozze di corsaro.
EIA, mirto del Carnaro!
Alalà!

Festa grande. Albona rugge
ritta in piè su la collina
Il ruggito della belva
scrolla tutta la Farasina.
Contro sfida leonina
ecco il ragghio il somaro.
EIA, guardie del Quarnaro!
Alalà!

Fiume fa le luminarie
nuziali. In tutto l'arco
della notte fuochi e stelle.
Sul suo scoglio erto è San Marco.
E da ostro segna il varco
alla prua che vede chiaro.
EIA, sbarre del Carnaro!
Alalà!

Dove son gli impiccatori
degli eroi? Tra le lenzuola?
Dove sono i portali
che millantano da Pola?
A covar la gloriola
cinquantenne entro il riparo?
EIA, chiocce del Carnaro!
Alalà!

Dove sono gli ammiragli
d'arzanà? Su la ciambella?
Santabarbara è sapone,
è capestro ogni cordella
nella ex voto navicella
dedicata a san Nazaro.
EIA, schiuma del Carnaro!
Alalà!

Da Lussin alla Merlera,
da Calluda ad Abazia,
per il largo e per il lungo
siam signori in signoria.
Padre Dante, e con la scia
facciam "tutto il loco varo".
EIA, mastro del Carnaro!
Alalà!

Siamo trenta su tre gusci,
su tre tavole di ponte:
secco fegato, cuor duro,
cuoia dure, dura fronte,
mani macchine armi pronte,
e la morte a paro a paro.
EIA, carne del Carnaro!
Alalà!

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