Le savrinke (italianizzato in savrine, col significato di "paesane") erano caparbie viaggiatrici, compratrici e venditrici di uova, note a Trieste come a Buie, a Pinguente come in Ciceria. Per la questione delle uova spesso venivano chiamate jajčarice (che vuol dire "ovaiole").
Una savrinka in Via Callegarie a Capodistria - disegno a matita di Stojan Ržek. |
Erano quelle ragazze e donne della Šavrinija (una piccola regione interna, alle spalle di Capodistria) che passavano di villaggio in villaggio e di casa in casa.
👉Comperavano uova, latte, verdura e frutta per andare poi a rivendere tutta questa loro merce sui mercati di Trieste, di Capodistria e di Pirano.
👉Seguivano gli antichi sentieri che si snodavano tra i paesi dell’interno.
Le savrinke hanno di fatto contribuito a stabilire un ponte linguistico e anche culturale tra tre popoli: gli italiani, gli sloveni ed i croati.
"La Savrina la xe fissada come una mula cicia; la va come el temporal. In vita la xe drita come una candela e suta come un bacalà. Dopo, coi ani, la xe sempre più in carne; la xe forte come el dren e sana come un pesse. In tel momento iusto la vien calda come ‘na stufa. La bala come sul'oio, la se gira come un fuso e la sà saltar come la susta. Co’ la serca el moroso, la pensa: 'Meio sola che mal compagnada'. Anche i veci dixi che la Savrina tien in pie tré cantoni dela casa, el quarto invese lo tien el mus o la mussa". La storia delle Savrinke risale all’Ottocento e s'intreccia con quella delle mlekarice e delle venderigole. "La Savrina xe sveia come un puliso” – scrive in un suo lavoro di ricerca l’etnologa Rožana Koštiàl. |
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