La Bosnia asburgica di fine Ottocento aveva bisogno di braccia per coltivare i terreni abbandonati dai musulmani che, dopo il passaggio della Bosnia all’impero asburgico (1878), erano emigrati in Turchia.
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Il pane o pita di Bosnia si chiama somun (o lepinja) ed é un pane al latte bosniaco di forma rotonda con un diametro di una spanna e uno spessore di uno o due dita. Accompagna qualsiasi piatto, in particolare i cevapi. |
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Il chiosco aperto da Giovanni Clazzer a Banja Luka nel 1970 e chiuso nel 1974, quando andò in pensione (foto balcanicaucaso.org). |
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L'imbuto usato per "estrudere" la carna macinata e trasformarla così in cevapi. |
👉Di solito chi preparava l'impasto di carne macinata mista infilava nella pagnotta un solo ćevap di macinato, Clazzer ne metteva quattro, tanto che i ćevapi venivano compattati l’uno addosso all’altro, assumendo la forma di un quadrato. Una variante non solo estetica, ma che faceva diventare la carne più succosa.
👉Oggi nessuno si sognerebbe più di fare street food con un solo misero ćevap per panino.
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Nella Jugoslavija devastata dalla WW2 il panino "pesante" dei trentini era di fatto una grande novità: il ćevap “alla trentina” divenne così famoso negli anni difficili del dopoguerra e sarà copiato da tutti i macellai di Banja Luka. Oggi il somun, il pane piatto bosniaco, imbottito di ćevap o ćevapčići che dir si voglia, è protagonista dello street food. |
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