La brovàda nel piatto con il musét, ovvero i crauti di rapa con il cotechino, un piatto ultra-tradizionale. |
Oggi la brovada si arricchisce di solito con il muset (cotechino preparato bollendolo in acqua per almeno un'ora e mezza). |
Anticamente il termine jota veniva usato anche per indicare genericamente una minestra.
Oggi, invece, è associato alla sola minestra a base di crauti i quali, si sa, derivano dal cavolo cappuccio.
👉Con il termine brovàda si indicano invece quei prodotti acidi (altrettanto rustici) che nella preparazione prevedevano l'impiego delle rape anzichè del cavolo. La brovada (brovade, broade, brovader, brovadin) viene oggi considerata dagli amministratori del Friuli-Venezia Giulia un prodotto agroalimentare tradizionale meritevole di riconoscimento e viene così descritto: "Rape macerate e fermentate a contatto con la vinaccia acidificata, commercializzate tal quali o tagliate in fettuccine e consumate crude o cotte".
👉La brovada è una specialità tutta friulana, ma presente anche, in misura minore, nella cucina carsolina. Si tratta dunque di rape fatte inacidire nella vinaccia (per cui abbiamo la brovada bianca, più nota, e la brovada rossa) per una quarantina di giorni che vengono poi affettate sottilmente, a strisce lunghe e sottili come quelle dei crauti. Rispetto a questi, è meno acida ed ha un forte potere diuretico. Un'approfondimento sulla differenza fra jota e brovaàda in Carnia lo trovate nel sito www.carnia.la a cura di Annamaria Bianchi. Già nel 1867 Ippolito Nievo citava la Brovada, nel suo “Confessioni di un italiano”.
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