17 aprile 2023

I ciclomotori Tomos dalla autogestione jugoslava al post-comunismo liberista (una fine poco epica)

I motorini Tomos della Jugoslavija di Tito sapevano sopravvivere alle peggiori strade balcaniche, dove servivano polso fermo e robustezza.
Un Tomos Colibrì del 1961, prodotto nel pieno della economia autogestio-
naria di Tito e Kardelj, cui fecero seguito i "tuboni" in stile europeo.
Erano prodotti in Jugoslavia ed erano molto più aderenti allo stile ciclomotoristico tedesco o austriaco (Sachs e Puch per esempio) che non a quello italiano.
👉Rispetto al nostro Piaggio Ciao poteva vantare una sospensione posteriore nonché quella anteriore con forcella telescopica anzichè a "biscottino", nonchè un cambio a 2 marce automatiche anzichè monomarcia.
Tutti pensano che verso la fine degli anni '80 il ciclomotore più economi-
co fosse il Ciao ma in realtà (con il Peripoli Day) era il Tomos A3. Qui in
versione 1991, cioè dopo aver divorziato dall'estetica austro-tedesca.
👉Lo scotto da pagare era uno stile più grezzo e datato, ed in effetti per l'epoca l'A3 era esteticamente indietro di un buon decennio, cosa che ne inficiò la diffusione: ben difficilmente un 14enne italiano ne avrebbe voluto uno, nonostante le sue valide caratteristiche. La sua economicità lo rese anche protagonista delle televendite: poteva addirittura essere visto in vendita insieme a televisori e tegami.
👉Tuttavia alla Tomos, diventata nel frattempo slovena, va dato il merito di essere stata per anni l'ultima costruttrice rimasta al mondo di ciclomotori 2 tempi, ottenendo persino un piccolo seguito di nicchia negli USA, dove i suoi modelli (aggiornati e talvolta molto gradevoli come il Tomos Classic) sono stati venduti fino alla chiusura della fabbrica di Capodistria, nel 2019.

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