11 aprile 2021

Nella cucina dei futuristi (contro la pastasciutta)

Nel 1932 (molto tardi, quindi) il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, scrisse a quattro mani con Fillìa (nome d'arte di Luigi Colombo) "La cucina futurista". Erano gli anni che preparavano l'attacco fascista all'Etiopia e i futuristi già nel '30 avevano lanciato l'invettiva contro la pastasciutta, considerata poco virile...
Il 28 Dicembre 1930 Marinetti pubblicò su "La Gazzetta del Popolo" il "Manifesto della Cucina Futurista", che contiene la polemica invettiva contro la pastasciutta, definita "assurda religione gastronomica italiana" che provocherebbe "fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo".

Copertina dell'edizione originale, visitabile
liberamente nel sito it.wikisource.org.
👉...poco virile e anche in aperto contrasto "[...] collo spirito vivace e coll'anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani [...] Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo [...] a differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo".
👉La pastasciutta non solo sarebbe da considerare molle, antivirile e passatista, ma costringerebbe "coi suoi grovigli gli italiani ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri, mentre è patriottico favorire in sostituzione il riso, anche per liberare l'Italia dall'importazione del costoso grano straniero".

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