9 febbraio 2021

Quando il paesaggio incrociava il nazionalismo

Sotto il fascismo le maestrine italiane ripetevano con molta enfasi che il Carso, in autunno, aveva tre colori: il rosso del sommaco, il bianco dei muretti di pietra e il verde dei pini.
Rosso come il sommaco, bianco come la pietra e verde come i pini.
Era un modo rozzo ma efficace (su dei bambini di 6 anni) per legare paesaggio e nazione.
👉Questa identificazione col fascismo sarebbe poi costata assai cara agli italiano dell'Istria e di Fiume.
👉Chi non è pratico di queste parti si sorprende quando apprende che certi luoghi (Gorizia, l’Isonzo, Caporetto, la Bainsizza, il Carso) che hanno un posto di primissimo piano nella retorica nazional-patriottica italiana, siano in realtà, oggi come nel 1915, ben poco “italiani”.
Il Monte Carso, da cui prende il nome l'intero "ciglione carsico", l'altipia-
no calcareo che chiude a Nord il golfo di Trieste. Qui é ripreso dal risto-
rante "Pozzo di San Lorenzo", presso Basovizza. Sulla sinistra si indovi-
na la boscosa Val Rosandra, meta ambita di generazioni di rocciatori.
👉Il Carso da secoli é infatti popolato quasi esclusivamente da sloveni, e sloveni sono anche tutti i toponimi. Ad esempio “Redipuglia” è solo una (pessima) italianizzazione di “srednj polje”. Il famoso “Monte Nero” è una traduzione errata di “krn” (“corno”) che qualche funzionario deve aver scambiato con “črn”, (“nero”). E “gorizia” viene da “gorica”, “collinetta”, anche se le maestre, a scuola, ci dicevano che viene dal tedesco “goerz” (parola inesistente: il toponimo tedesco deriva da quello sloveno). E così via...

Nessun commento:

Posta un commento