(Boris Pahor, "Qui è proibito parlare", Fazi Editore, Roma, 2009)
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L'edificio del Narodni Dom triestino a fuoco nel 1920.
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Ospitava anche un teatro, una cassa di risparmio, un caffè e un albergo (l'Hotel Balkan). Ho visto qualcosa di analogo in Piazza Matteotti a Carrara, ma lì l'edificio situato nel centro città è di proprietà della FAI (Federazione Anarchica Italiana), così amata dai cavatori delle Apuane.
Altri luoghi, altre sensibilità.
Il Narodni Dom nel suo aspetto originario.
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Fu progettato da Max Fabiani nel 1902 e venne inaugurato nel 1904.
👉La responsabilità diretta dell'incendio dell'Hotel Balkan (così lo chiamavano gli italiani) alias Narodni Dom (così lo chiamavano gli slavi) non fu mai del tutto chiarita, ma è chiaro che, storicamente parlando, l'incendio avvenne nel clima della "Trieste redenta" dove lo sviluppo del fascismo fu precoce e rapido, talmente virulento da annichilire qualsiasi legame con la tradizione moderata di molti irredentisti italiani che si erano formati sotto l'impero asburgico.
👉Qui (come accadde più tardi nella Trento del socialismo autonomista di Cesare Battisti) il fascismo trionfante fu lesto ad imporre il proprio marchio reazionario.
A Trieste le squadre fasciste incendiarono l’Hotel Balkan e la Narodni Dom, e cioè il principale centro culturale delle organizzazioni slovene ubicato nel centro della città. Il giorno successivo la stessa sorte tocca alla Narodni Dom di Pola, in Istria e alla sede del giornale cattolico sloveno «Pucki Priaateli» di Pisino. Questi atti segnano la nascita del cosiddetto “fascismo di confine”. |
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