Venivano tenute per il latte e la carne, e i metodi della pa-storizia isolana erano piutto-sto sbrigativi: le bestie veniva-no semplicemente abbandona-te a sè stesse nei grandi recinti delimitati da quei "...muretti a secco che conferiscono un aspetto particolare al paesag-gio dell'isola, soprattutto nelle zone più brulle, che formano migliaia di ograjice, recinti di pietra dove le pecore venivano tenute al pascolo."
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La pastorizia di Cherso si muove in un paesaggio arso dal sole estivo e battuto dalla bora invernale. Molto sole e poca acqua, terre aspre e roc- ciose di poche risorse, dove gli animali vengono lasciati sostanzialmen- te allo stato brado, con l'unico limite dei confini segnati, a volte per chi- lometri, dai muretti a secco che qui sostituiscono i recinti in legno, co- me ben si vede in borghi quali Lubenice, o Vidovici (qui sopra). |
Nel suo viaggio a Cherso l'aba-te veneziano Alberto Fortis, il-luminista e riformatore, registra che "Le Lane delle greggie di Cherso non sono di molto buona qualità [...] vivono sempre all'aria aperta sotto d'un clima, che non è il più regolare del mondo; nè pioggie , nevi, o altra intemperie fa che sieno condotte al coperto; nè v'anno tugurj sparsi, a' quali possano ire da se. I loro pascoli pe' luoghi alpestri, ed incolti sono ingombri di piante spinose, alle quali lasciano attaccata parte della lana, quando vi s'avvengono."
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