giornalista di grido (Indro Montanelli), ed ecco che il seme del falso è gettato.
2) La contestata intervista rilasciata da Milovan Gilas alla rivista Panorama di Fiume (nel 1991, durante la disintegrazione Jugoslava): "[…] Ricordo che nel 1946 io ed Edward Kardelj andammo in Istria [durante la visita della commissione inter- alleata anglo-franco-sovie-tico-statunitense] a organizzare la propaganda anti-italiana. Si trattava di dimostrare alla commis- sione alleata che quelle terre erano jugoslave e non italiane: ci furono manifestazioni con striscioni e bandiere." In un’intervista rilasciata al Giornale di Brescia nel 2006, lo storico Raoul Pupo, che di certo non può essere sospettato di essere filo-jugoslavo, ha definito questa dichiarazione una «bufala sparata da Đilas» e anche che la ricercatrice slovena Nevenka Troha ha dimostrato «senza ombra didubbio» che nel 1946 Đilas non mise piede in Istria. E che in quei mesi Kardelj andò sì in Istria, ma per convin- cere gli italiani a restare. |
Non si ascoltano nemmeno le prove del contrario (in questo caso lo storico Raoul Pupo) si preferisce farsi lisciare il pelo, come fa il recente spettacolo musicale di Cristicchi sulle foibe.
25 maggio 2013 perchè un utente chieda a Wikipedia di inter- venire e così oggi - a buoi scappati - abbiamo in linea la seguente versione edulcorata: "Questo processo di slavizzazione forzata[27] secondo alcuni[28] sarebbe confermato dalla testimo- nianza del braccio destro di Tito, Milovan Gilas, che affermò testualmente d'essere andato in Istria nel 1946 assieme a Edvard Kardelj per «organizzare la propaganda anti-italiana» e «dimostrare alla commissione alleata che quelle terre erano jugo- slave» organizzando «manifesta- zioni con striscioni e bandiere». Il fine degli jugoslavi - per Gilas - era quello di indurre gli italiani «ad andare via con pressioni d'ogni genere».[29] La testimonianza di Gilas tuttavia è reputata "di limitata atten- dibilità" e "da considerare con una certa cautela" dallo storico Raoul Pupo.[30] In un'intervista concessa al Giornale di Brescia nel 2006, Pupo si è spinto oltre, definendo tale testi- monianza una "bufala sparata da Gilas": secondo Pupo è stato dimostrato che nel 1946 Gilas non si recò mai in Istria.[31]". (Nota: citazioni riprese dal blog Giap)
Aggiornamento: anche lo storico Paolo Scandaletti, nel suo recente (2013) "Storia dell'Istria e della Dalmazia", ripete passivamente l'errore di scambiareil 1946 col 1945, riportando pari pari la citazione di Gilas/Petacco.
RispondiEliminaRaoul Pupo lo ha dimostrato da tempo, invece Kardelj c'era in Istria e sempre per Pupo cercò di far restare gli italiani per dimostrare agli alleati la volontà di questo ultimi all'annessione.
EliminaPeccato che le violenze ai danni della popolazione italiana ci furono comunque, peccato che i comunisti italiani tradirono il loro Paese in nome dell'internazionalismo socialista che per gli jugoslavi era solo nazionalismo travestito da internazionalismo, peccato che gli uomini del CLN vennero arrestati e liquidati come ogni opposizione al regime comunista jugoslavo.
I fatti sono questi ma c'è ancora gente che ha il coraggio di negare.
Il post riguarda l'anno (1945 al posto di 1946). Comunque in un’intervista rilasciata al Giornale di Brescia nel 2006, lo storico Raoul Pupo, che di certo non può essere sospettato di essere filo-jugoslavo, ha definito la dichiarazione di Đilas una «bufala sparata da Đilas». Secondo Pupo, inoltre, la ricercatrice slovena Nevenka Troha ha dimostrato «senza ombra didubbio» che nel 1946 Đilas non mise piede in Istria. C'era invece l'altro inviato di Tito, Kardelj, che però era lì, paradossi della storia, per convincere gli italiani a restare.
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