20 dicembre 2014

Nostalgie fiumane

In un vecchio articolo del Piccolo di Trieste (2006) vengono ripescati gustosi quadretti del passato di questa città che fu dannunziana, nazionalista e fascista prima ancora dei fascisti di Mussolini.
Sull'antropologia e i tipi umani dei "legionari fiumani" che
parteciparono all'impresa vedi anche il blog Signal-it.
Squadristi e legionari. Scriverà nel 1940 Garibaldo Marussi: «Passavano tutti per le sale del palazzo ove il poeta accendeva viva avanti ai loro occhi la fittizia realtà dei sogni. I detronizzati, gli spodestati, gli esiliati, gli oppressi venivano a quella nuova mecca collocata sulle sponde orientali dell’Adriatico per fiutare l’hashish di cui avevano bisogno onde affrontare ancora la vita e cancellare le vecchie, continue delusioni.»

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Nella Doria Cambon.
Spiritismo e cerchi magici. Fu in un appartamento triestino di piazza San Giovanni che l’impresa di Fiume venne concepita e il triestino Ercole Miani, capitano degli Arditi, conquistatore del Vodice, rivoltella in pugno si fece consegnare a Palmanova i trentacinque autocarri che partirono da Ronchi al seguito della Fiat 501 rossa decapottabile, a Fiume D’Annunzio ricevette la visita della poetessa triestina Nella Doria Cambon che gli riferì di come la mamma del Comandante si fosse rivelata nel corso di una seduta spiritica fatta nel suo salotto di via Geppa a Trieste.



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Benito Mussolini e Gabriele d'An-
nunzio ripresi assieme.
Mussolini e D'Annunzio. «Me ne frego» era il motto dei legionari, «Eia, eia alalà» il saluto: per alcuni storici si trattò del laboratorio che collaudò il successivo regime fascista in Italia, per altri fu una sorta di repubblica anarco-bolscevica. La Reggenza italiana del Carnaro, fu di certo il primo Stato al mondo a riconoscere l’Unione sovietica. Fatto sta che tra il 1922 e il 1925 i legionari saranno oggetto delle rappresaglie poliziesche del governo mussoliniano subendo pestaggi, perquisizioni, arresti.


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Il fascismo nascosto. La passeggiata con Baccarini conduce a Cosala dove c’è l’ossario dei Caduti italiani, ma la porta è sprangata e un cane ringhia minaccioso. Fiori freschi sul cippo che dice «Ai fiumani di ogni fede e razza scomparsi in pace e in guerra cui violenza totalitaria negò umana giustizia e cristiana sepoltura. Tu libero dall’odio qui per essi fermati e prega.»


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La targa posta a ricordo dei due gappisti
morti in azione.
Mario Clessiver, ex-portiere del Rijeka. «All’arrivo della Jugoslavia - prosegue Clevisser - mio papà voleva scappare in Italia, ma mia mamma era una slovena nata a Fiume e volle che restassimo. Non potè fare altrettanto mio zio fervente fascista che fuggì a Vicenza. Mia moglie per tanti anni ha fatto la donna di servizio a Trieste. Il vero spirito fiumano, non solo italiano, ma degli abitanti autoctoni della città - spiega - si respira al club Mario Gennari.»


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Il Palazzo del Governatore in una foto
del periodo di "Fiume italiana".
D'Annunzio cannoneggiato. «Affacciato a quella finestra D’Annunzio rimase ferito sotto i colpi della Marina italiana.
Erano le quattro del pomeriggio del 26 dicembre 1920 e la nave Andrea Doria aveva centrato la finestra dello studio del Vate. Il 28 dicembre la città venne cannoneggiata, il giorno dopo la resa fu inevitabile.»

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