23 maggio 2016

Quel reticolo di pietra nel paesaggio delle isole

Costruire muretti a secco permetteva di liberare il terreno dalle pietre e così lo rendeva adatto alle coltivazioni e al pascolo. Un lavoro che ha
gromače
Il muretto a secco era chiamato gromače, un antico ter-
termine della parlata locale. Sulla cima veniva posta una
fila di pietre aguzze chiamate ozubi, sorta di filo spinato.
impegnato intere generazioni.
Il paesaggio agrario delle isole era segnato da un fitto reticolo di muretti a secco, che ancora oggi formano migliaia di ograjice, i recinti dove le pecore vengono tenute al pascolo.
Erano costruiti dai contadini usando esclusivamente le pietre trovate sul posto, senza leganti o malte di alcun tipo, in un sapiente gioco di incastri che sapeva resistere alle intemperie e al passare del tempo.
👉I muretti a secco delimitavano le proprietà e impedivano al bestiame di allontanarsi o di cadere nei dirupi; servivano anche per riparare gli orti domestici e le coltivazioni dalle incursioni degli animali da cortile e dalle raffiche della bora.
Tutto sempre e solo in pietra perchè il legname da opera scarseggiava e nei campi veniva usato solo per le lesse, i cancelletti.
Muretti a secco
Se nell'arco alpino recinzioni e steccati venivano realizzati rigorosamente in  legno, qui l'unico materiale impiegato era la pietra, i ruvidi, taglienti sassi di pietra bianca istriana con cui venivano costruite pure le case, In alto a destra siamo a Pernat, in basso a sinistra a Lubenice e l'orticello in basso a destra si trova a Vidovici.


Lettura: i muretti a secco nell'allevamento della pecora chersolina. (da "Contributo alla Ricerca sull’Allevamento Tradizionale di Pecore nell’Isola di Cherso", Ekopark Pernat, Lubenice, Tiskara Zambelli, Rijeka, 2009).
Sono conosciuti dai locali con il termine ciacavo-bodolo di gromače. Venivano costruiti  anche per delineare i confini dei  pascoli e quindi  hanno definito e antropizzato chilometri e chilometri  di paesaggio chersino. [...] ...il muro a secco divide, delinea il confine, ma pur sempre unisce.  Rende possibile  il  passaggio  attraverso appositi cancelli (lese), le aperture (škuje) che possono venir facilmente chiuse e aperte con le pietre, le scalette in pietra (kamene skaline)o  le  scale  a  pioli realizzate in  legno (stervice). Lo scopo fondamentale dei muri a secco era quello  di  impedire al bestiame di entrare  nel campo del vicino. Considerando le tecniche di costruzione, esistono svariate specie di questi muri. Possono essere singole o doppie (unjule ili duple) e cioè in una o 2 file. La prima fila di blocchi di pietra è incastrata nella terra per la profondità di 10 cm. Si tratta delle fondamenta e la profondità dipende dal tipo di terreno e di  pietra  a  disposizione  del  costruttore. Lungo  tali fondamenta  viene  posta  una  pietra  di  forma allungata  sulla  quale  vengono sistemate, in una serie unica, i blocchi di pietra successivi, fino  ad  arrivare  all’altezza  desiderata. Su  una simile   base, di solito veniva costruito un muro doppio. Lo spazio tra i due muri  veniva riempito  di sassi  sminuzzati (piflo) che avevano  la  funzione  di  collegare e di  mantenere in piedi il doppio muro (duplica,  dupla gromača). Invece il muro singolo (unjula) può essere semplice, con la parte superiore dritta, oppure con una specie di corona fatta d’incastonate pietre  aguzze oblunghe (ozubi), che rendono difficile il passaggio sia alle persone che al bestiame. È  questo  modo utilizzato il più delle volte per proteggere un lembo di terra lavorata o un pascolo. Di solito sono dell’altezza di un uomo, dipendentemente dallo scopo, dal terreno, dal materiale disponibile  e dalla forza lavoro. Nella parte centrale di Cherso e nella sua area settentrionale, i muri sono più alti che in quella meridionale. Il modo di erigerli dipende dal tipo, dalla forma e dalla grandezza delle pietre. Di regola, i blocchi più grossi stanno nella parte inferiore, mentre quelli più piccoli  stanno  sopra.  Il  modo in cui  posare la pietra – obliqua,  orizzontale  o  verticale – dipende  dalla  sua  forma,  ma  anche  dalla competenza, dal sapere e dall’esperienza del costruttore. Quindi, ogni muro a secco rappresenta un’opera d’arte, una storia sull’abilità di costruzione, sul rapporto verso il lavoro, sulla  pazienza, ma anche sulla stessa natura. Ogni pietra viene pesata e girata, ci vive e vi opera un sottile e preciso sentimento che indica il suo centro di gravità e i punti di coesione dei piani. Le modalità di costruzione non sono uguali in tutta l’isola anche perché nelle singole zone le forme e la  struttura delle pietre cambiano. Di regola, bisogna posare la pietra in serie di modo che sia ben conficcata tra le pietre vicine e che sia impossibile estirparlo dal muro. Ad esempio, le pietre piatte vanno sistemate verticalmente, l’una accanto all’altra oppure con un’angolatura dolce di modo che il muro sembri resistente. Quelle di forma rotondeggiante sistemate in file danno l’aspetto di un pizzo che da secoli sfida il vento e la pioggia. Alcuni propietari di parcelle erano conosciuti per i loro muri a secco ordinati e ben allineati. Nelle parcelle che servivano solo da pascolo e non avevano passaggi, si lasciava un’apertura costruita con pietre più grosse. Le dimensioni del passaggio corrispondevano alla distanza delle punte delle corna  dei  montoni, di  modo che potessero passare (...su kadà` se premẽstilo ôfce mogli  pasat.). Nell’erigere l’apertura, due sassi resistenti venivano posti alla distanza di circa 50 cm. Alla stessa altezza andava sistemata una lastra di pietra un po’ più lunga, per continuare poi a costruire il muro come di consueto. Al fine di far passare la persona più facilmente attraverso il muro, vicino all’apertura veniva di solito costruita una scala, incastonando delle pietre piatte e lunghe in entrambe le  parti del muro stesso.  Era più semplice, comunque, appoggiarvi una scala a pioli in legno (ostervice). Sui muri o, nella maggior parte dei casi, come strutture autonome sistemate lungo i sentieri, s’incastonavano delle pietre a mo’ di piani (pocivalići o pocivališća a Garbino) in cui i braccianti (težaci) si riposavano, appoggiadovi i pesanti fardelli al ritorno dai campi. Queste costruzioni a forma di prisma superavano unmetro di lunghezza, erano alte circa 1,5 m e larghe 2 sassi, senz’alcun collegamento con il muro. Rappresentano un fenomeno ancora molto frequente nell’isola e costituiscono un elemento del patrimonio culturale di particolare valore.
tt
ore. Lungo tali

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