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20 novembre 2024

La taverna dell'Ornitorinco, che a Fiume divenne luogo d'incontro dei dannunziani più scalmanati

Nei sedici mesi dell'avventura dannunziana una piccola locanda sul porto diventò il ritrovo dell'ala più estrema, futurista, visionaria ed eversiva dei giovani legionari fiumani che impazzavano in città.
Con il numero 1 il modesto edificio di tre piani fuori terra che ospitava il cenacolo dei legionari ammessi nel cerchio magico di D'Annunzio. Con il 2 il Palazzo Modello e con il 3 l'ingresso al Corso, il salotto di Fiume.
Al numero 5 di Adamiceva Ulica c'è ancora l'edificio di tre piani fuori ter-
ra costruito in zona portuale negli anni '70 del 1700. Un secolo e mezzo
dopo qui c'era la taverna "Al Cervo d'Oro", un locale da angiporto che i
legio
nari più esaltati e ben introdotti nel cerchio magico di D'Annunzio
eles
sero a loro sede informale.
Questa taverna con camere fu scoperta una sera d’autunno da Ludovico Toeplitz che si era perso nei vicoli della città vecchia. Aveva un nome altisonante, "Il Cervo d’Oro", e pochi locali male arredati, tavoli poveri, pareti annerite.
I più insofferenti e più filibustieri avevano iniziato a frequentare il Cervo d'Oro poi la ribattezzarono sul campo dei bagordi e degli eccessi. Divenne così "L'ornitorinco".
Ci andavano personaggi come Guido Keller, Giovanni Comisso, Leone
Kochnitzky, Ludovico Toeplitz, Mario Carli e da ogni sorta di sognato-
ri, cocainomani, disadattati e umanità varia di entrambi i sessi. Ci anda-
va anche Gabriele D'Annunzio e Luisa Baccara. Qui il Vate mangiava
il famoso risotto di scampi e beveva il "Sangue Morlacco" dei Luxardo.

Scriverà Giovanni Comisso: “All’Ornitorinco il Sangue Morlacco riceve
la sua denominazione. Innocuo Sherry Brandy, discretamente appiccico-
so, estremamente discutibile, sotto nessun aspetto il liquore si merita tan-
to nome; sennonché un giorno un quotidiano britannico rese di pubblica
ragione come D’Annunzio fosse “un tiranno barbaro che succhiava il san
gue dei Morlacchi”. La trovata ci tenne allegri e il Comandante impose
di nuovo il nome al falso Sherry Brandy”
.
👉"Sarebbe una bettola da dimenticare, se non servisse un ottimo risotto agli scampi. Ludovico Toeplitz ci porta gli amici della Segreteria speciale, che decidono di farne il loro covo. Sarà un’oasi libera dalla disciplina e dal Palazzo. Si fanno riservare una saletta al primo piano, la decorano con tappezzeria di cotonina rossa, candele, rami d’alloro. Keller sceglie come centrotavola un ornitorinco impagliato, saccheggiato in qualche museo di storia naturale. Sostiene che potrebbe essere il simbolo del Comandante: «Ha una corazza eburnea spoglia di peli come la tua testa», gli dice. L’insolenza e l’idea di un circolo indipendente piacciono a d’Annunzio, che ribattezza il locale «La taverna dell’Ornitorinco» e ci va spesso, per fuggire dall’«atmosfera deprimente della caserma carica di invidie e pettegolezzi». Qui è libero di scherzare, ridere, incontrare giovani esaltati e ragazze esaltanti. Intorno alla saletta e ai frequentatori si diffondono leggende, subito cavalcate dalla stampa avversaria. Si vocifera di una cantina addobbata di pellicce d’orso bianco, di celebrazioni massoniche, di orge bisessuali tra fiumi d’incenso e cocaina." (Giordano Bruno Guerri, "Disobbedisco")
👉Sotto l’insegna del mammifero oviparo approdato impagliato dalla Tasmania alle rive del Quarnaro si adunavano i più fedeli legionari con il loro comandante, il quale annoterà nei “Taccuini” (sera del 18 dicembre 1919) “...il pranzo dell’Ornitorinco. I canti degli ufficiali nella sala terrena ...il sangue di marasca nei bicchieri …la passione delle donne … il ritorno alla caserma …il sangue di Morlacco”. L’antico Ratafià divenne così: “... il liquore cupo che alla mensa di Fiume chiamai “Sangue Morlacco” (Giordano Bruno Guerri, "Disobbedisco")

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