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18 ottobre 2024

Il futurista Mario Carli, che divenne Ardito nelle trincee della WW1 e fu poi Legionario a Fiume

Scrittore, giornalista di successo e poeta, aderì sin da giovane al movimento futurista di Marinetti dove si collocò nell'ala anarchico-rivoluzionaria, interpretandone l'anima più estrema, violenta, anarchica e mangiapreti. Ammirava la Russia di Lenin.
"Ritratto aereo di Mario Carli" di Gerardo Dottori (1931).
Acceso interventista, partì volontario nella prima guerra mondiale riuscendo a farsi arruolare nei reparti di Arditi, gli incursori di prima linea ideati dal generale Capello, dove trovò l'ambiente elitario, indocile, rissaiolo e antiborghese a lui congeniale.
👉Fu a Fiume con Gabriele D'Annunzio, che però ne temeva l'estremismo "di sinistra". Carli, che faceva parte della frangia più “scalmanata” dell’impresa, tentò di tradurre la temperie fiumana in un organico progetto rivoluzionario, teso a rovesciare il regime di democrazia borghese e parlamentare in Italia.
Mario Carli quando era capitano degli Arditi.
👉A Fiume diede vita alla rivista militante "La testa di ferro" spingendo con ciò il Vate a spostarne la redazione a Milano per allontanarlo da Fiume. Oltre alla firma di Filippo Tommaso Marinetti sul giornale comparvero quelle di Alessandro Forti, Umberto Foscanelli, Cesare Cerati, Emilio Settimelli, Vincenzo  Fani Ciotti detto Volt, Piero Belli, Leòn Kochnitzky, Guido Keller, Giovanni Comisso. Nella sua persona confluirono arditismo, futurismo, fiumanesimo e fascismo.
Mario Carli nella sede bolognese del quotidiano "L'Impero",
fondato nel 1923, con la squadra d'azione "Me ne frego".
«Prendendo la Russia come modello tipico di rivoluzione sociale, si vede anzitutto che il bolscevismo è stato un movimento, non tanto grettamente espropriatore, quanto rinnovatore, perché ha voluto ricostituire in base a ideali vasti e profondi l'edificio sociale, assurdamente sbilenco sotto il decrepito regime zarista. Inoltre il bolscevismo russo, animato da un potente soffio di misticismo, non si è mosso con quei criteri di pacifismo codardo, che fanno dei cortei proletari italiani altrettante processioni d'innocenti agnellini (...). Il popolo russo ha saputo anche difendere la sua rivoluzione, e gli eserciti di Lenin si sono battuti, spesso, vittoriosamente, contro i bianchi paladini della reazione. Assodato poi che i socialisti italiani non credono nella rivoluzione, non la vogliono e non fanno nulla per provocarla, possiamo stabilire in modo definitivo che noi legionari non avremo mai alcun contatto, e neppure alcun cenno d'approccio, con quella ottusa cocciuta grettissima cretinissima Chiesa che è il Partito Ufficiale Socialista italiano...» (Mario Carli, "Con D'Annunzio a Fiume", Milano, Facchi Editore, 1920, pag. 106-107)

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