15 novembre 2013

Che il piagnisteo giuliano-dalmata continui...

...e si nutra di falsificazioni storiche, non è una novità. In questo caso mischiando la famigerata banda Collotti con la Polizia di Stato (e lo fa, udite udite, col beneplacito dell'attuale questore).
Per capire meglio che cosa sia stata la banda
criminale messa in piedi a Trieste dal commis-
sario di polizia Gaetano Collotti (nella foto) con-
siglierei di leggere il libro dedicato alla vicenda
dalla studiosa Claudia Cernigoi e intitolato 
"La banda Colotti"  ed anche di dare una oc-
chiata in Wikipedia, o ancora di cercare nel
web, per  esempio qui e qui.
Mi era sfuggita, ma direi che la notizia ripresa da Paolo Geri è da leggere con attenzione: nei locali della Questura triestina "il 12 giugno 2012 dove, su iniziativa dell’ Unione degli Istriani guidata da Massimiliano Lacota, è stata posta - alla presenza tra gli altri del questore Padulano - una corona “in memoria dei caduti della Polizia sequestrati ed infoibati”. Nel maggio 1945 la Polizia triestina, essendo forza armata, ed essendo la nostra città annessa al Reich germanico, era sottoposta direttamente al governo di Hitler, ed i suoi membri per la maggior parte volontari erano quindi militi nazisti o - se vogliamo ricono-scere loro delle attenuanti - quantomeno dei collabora-zionisti. Nell’elenco di questi “infoibati” scomparsi nel maggio 1945 e presumibilmente arrestati e forse giustiziati dagli Jugoslavi presente nel famedio della Questura di Trieste vi sono molti nomi di agenti e funzionari di polizia che erano in forza presso l’ Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza, la cosiddetta famigerata “Banda Collotti” (vedi il post relativo – n.d.a), corpo di repressione i cui dirigenti ed agenti si macchiarono di crimini efferati nei confronti dei prigionieri, torture e violenze carnali, arresti arbitrari e se-questri di persona, esecuzioni sommarie. Dei nomi presenti sulla lapide furono identificati in modo circostanziato come torturatori Mario Fabian che aveva operato durante il rastrellamento di Boršt- Sant’ Antonio in Bosco con la “macchina elettrica” (vedi il post relativo – n.d.a), Alessio Mignacca che fece abortire una donna picchiandola, ed uccise almeno tre persone che tentavano la fuga, Bruno Luciani e Francesco Giuffrida. Viene da chiedersi a che titolo tali personaggi siano ricordati e accumunati agli altri “caduti della Polizia”. La motivazione che fossero “caduti di guerra” è decisamente risibile. Non si può allo stesso tempo rendere omaggio a vittime e carnefici." 

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